Due Anni Dopo


IL DISCO

Due anni dopo è il secondo album di Francesco Guccini. Registrato presso gli studi di Carlo Alberto Rossi a Milano nel novembre 1969, il disco esce nel Gennaio del 1970, pubblicato dalla EMI.

Tutte le canzoni sono dello stesso Guccini. Nei crediti vengono riportati i nomi di Giorgio Vacchi in veste di arrangiatore e di Deborah Kooperman alla chitarra solista.

Due anni dopo è il secondo e penultimo album in cui l’autore figura in copertina con il sono nome di battesimo "Francesco".

Copertina degli spartiti musicali di "Due anni dopo"

L'album è stato distribuito da EMI Italiana in formato LP, Stereo8, MC e CD.

Di Due anni dopo sono disponibili gli spartiti pubblicati da Edizioni Musicali La Voce del Padrone.

 

 

 

CURIOSITA’

 

La foto di copertina è di Alberto Cappelli.

Di questo album esiste un'uscita in LP 45 giri dal titolo Lui e Lei - Due anni dopo. Il disco, pubblicato con etichetta EMI-Columbia contiene soltanto le due canzoni che danno il titolo al 45 giri: Lui e Lei (Lato A) e Due anni dopo (Lato B).

Edizione “EMI- Columbia (1970) – Foto Discografia Nazionale della Canzone Italiana

RECENSIONI

Dalla rivista Ciao 2001 del 26 marzo 1972 dal titolo Francesco Guccini, il mio tema di Maurizio Baiata:

Foto della rivista Ciao 2001 (1972)

Passiamo ad un veloce esame dei testi presenti in “Due Anni Dopo”. Il suono del silenzio accompagna i due che si riscoprono, si amano o tornano ad amarsi. Questa una prima, eccezionale immagine d'amore presente in “Lui e lei”: il rapporto a due subisce un'analisi diretta per ognuno di noi ed il tema dell'amore (altro elemento dominante della tessitura gucciniana) viene smitizzato delle sue componenti idealistiche, si riduce alla constatazione di una monotonia quotidiana dalla quale è difficile sfuggire ma che, agli occhi di Francesco, appare necessaria, squallida se vogliamo, ma fondamentalmente vera. Il tema viene ripreso ed ampliato in “Vedi cara” dove l'uomo si trova a dover lottare con una sua  “lei” ormai troppo abituale e vissuta, creata a fatica, “tirata su” come forse qualche volta ci è capitato di dire, e poi lentamente persa: la risoluzione del problema, non indifferente per la verità, sta nel significato che Francesco affida alla parola “libertà” un termine quasi magico anche nei nostri rapporti più intimi, una posizione troppo spesso repressa dall'egoismo e dall'egocentrismo individuale. E' strano come Francesco vuole intendere, musicalmente, il mistero dell'amore; lo affronta di continuo, lo sviscera nelle sue componenti più profonde, ma questo sembra soltanto trasparire nelle sue parole, quando poi non viene idealizzato e portato ad una sorta di misticismo reale, di non facile comprensione. Prendiamo ad esempio Ophelia e la sua storia; il magico orizzonte, l'oscura realtà che vivono in questa donna. Il mistero della donna, in questa canzone fantasia di Francesco, assume una sintesi umana quasi inspiegabile (processo introspettivo che troveremo fortemente pronunciato in “L'orizzonte di K. D.” ).

Fantasia e realtà in “Ophelia” si fondono, ma il resto dell'album è legato strettamente ai temi della verità e della realtà di cui abbiamo parlato in precedenza: così accade in “La verità” così in “Primavera di Praga”, così nell'acutissima “Il compleanno”. Vorremmo anche accennare a “Giorno d'estate”, si tratta di immagini semplicemente stupende, il cui linguaggio ha effettivamente del poetico. L’ambiente è la Bologna di un torrido giorno estivo, i protagonisti, il sole, i cartelloni pubblicitari, il vuoto ed il silenzio di una città che par morta…

Per aiutarci ancora a comprendere Francesco ci serviamo di altri due pezzi, importantissimi a nostro avviso, presenti in questo album cioè “L'albero ed io” e “Due anni dopo”. Entrambi ci sembrano soffusi di un vago sapore autobiografico, ma in definitiva sono notevoli per un nuovo tema costante, anzi per l'esaltazione di questo tema, giacché altri precedenti ne avevano fornito una traccia. Vogliamo parlare del “tempo andato”gucciniano: il passato, il suo ricordo, lo stanco vittimismo che ci infonde la dolcezza di un minuto felice ed ormai trascorso, costituiscono il carattere forse più affascinante dell'opera di Francesco di cui ora, finalmente, completiamo un quadro forse solo approssimativo.

 

Dalla rivista Popster del 17 settembre 1978:

Copertina della rivista Popster (1978)

In "Due anni dopo" c'è un affinamento di temi, le prime riflessioni sul fallimento di un cambiamento sognato ma non realizzato, di una rivoluzione impossibile sia nel personale ("...ti ritroverai due anni dopo sempre quella faccia...") che nei rapporti con gli altri ("...vedi cara è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito già..."); coesistono le tristi atmosfere francesi in tre quarti e fisarmonica da suicidio del "Compleanno" con quelle americane di "Due anni dopo" e "La verità", sostenute dagli arpeggi della americana Deborah Koopermann.

 

 

 

 

 

 

 

 

Dalla rivista Il Mucchio del 2002:

Foto tratta dalla rivista "Il Mucchio" del 2002

Nettamente più orientato verso il "classico" folk beat tra l'enfatico e il malinconico (unica deviazione la conclusiva "Al trist") è invece "Due anni dopo". Ne fanno parte parecchi episodi di notevole intensità, alcuni già interpretati dai Nomadi ("Ophelia", "Giorno d'estate", "Per quando è tardi"), tra i quali spiccano la politica "Primavera di Praga" ("ero rapidissimo nello scrivere e quasi ogni importante avvenimento di attualità mi suggeriva una canzone. All'epoca non passava giorno senza che prendessi la chitarra in mano e scrivessi qualcosa, mentre ora posso stare anche settimane senza toccarla") e le più leggere "Lui e lei" (edita anche come singolo assieme alla title track) e "Vedi cara". Checché ne dica il Nostro, peraltro consapevole che "i pezzi migliori derivano di rado da situazioni allegre", l'atmosfera generale tende abbastanza al cupo, come rimarcato dalla misticheggiante "L'albero ed io", da "L'ubriaco" e da "II compleanno", tanto deprimente da sembrare frutto della penna di Claudio Lolli. "Pensavo che dopo "Folk Beat N.1" nessuno avrebbe voluto farmi incidere un altro disco, e invece... io non avevo le idee molto chiare al proposito e chiamai Giorgio Vacchi, un mio amico maestro di musica di Bologna per darmi una mano con gli arrangiamenti e con i turnisti. Poi seppi che Dodo Veroli ci era rimasto male... la verità è che il mio approccio era talmente naif che per superficialità non avevo minimamente pensato a chiamarlo". Anche rispetto a "Due anni dopo" non avevo alcuna aspirazione, lo feci più che altro per un puro piacere personale: la EMI me lo aveva chiesto e io avevo le canzoni già pronte, perché mai avrei dovuto astenermi?".

 

I TESTI - LATO A

Lui e lei s'incontrano nel giorno mentre la città d'attorno sembra nuova. Lui e lei riscoprono le cose che credevano perdute nella noia.

Tutto il piacere di sentirsi chiedere la propria breve vita, la frase conosciuta, la storia già narrata.

Lui e lei, a leggere i poeti che nessuno al mondo poi leggerà mai. Lui e lei, riempire di sospiri lunghe pause di pensieri mentre il suono del silenzio li accompagna...

Lui e lei s'incontrano d'accordo nel consueto vecchio posto d'ogni giorno. Lui e lei ritrovano ogni cosa che già il tempo ha ricoperto con la noia.

Ed ogni giorno ormai sentirsi raccontare la storia conosciuta, la frase risaputa, la propria morta vita.

Lui e lei, a leggere un giornale, camminando lungo il viale verso casa. Lui e lei, riempire di pensieri, lunghe pause piene d'ira mentre il vuoto del silenzio li accompagna...

Di antichi fasti la piazza vestita grigia guardava la nuova sua vita, come ogni giorno la notte arrivava, frasi consuete sui muri di Praga, ma poi la piazza fermò la sua vita e breve ebbe un grido la folla smarrita quando la fiamma violenta ed atroce spezzò gridando ogni suono di voce...

Son come falchi quei carri appostati, corron parole sui visi arrossati, corre il dolore bruciando ogni strada e lancia grida ogni muro di Praga. Quando la piazza fermò la sua vita, sudava sangue la folla ferita, quando la fiamma col suo fumo nero lasciò la terra e si alzò verso il cielo, quando ciascuno ebbe tinta la mano, quando quel fumo si sparse lontano, Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava all'orizzonte del cielo di Praga...

Dimmi chi sono quegli uomini lenti coi pugni stretti e con l'odio fra i denti, dimmi chi sono quegli uomini stanchi di chinar la testa e di tirare avanti, dimmi chi era che il corpo portava, la città intera che lo accompagnava, la città intera che muta lanciava una speranza nel cielo di Praga,

dimmi chi era che il corpo portava, la città intera che lo accompagnava, la città intera che muta lanciava una speranza nel cielo di Praga, una speranza nel cielo di Praga, una speranza nel cielo di Praga...

Giorno d'estate, giorno fatto di sole, vuote di gente son le strade in città, appese in aria e contro i muri parole, ma chi le ha dette e per che cosa chissà.

I manifesti sono visi di carta che non dicono nulla e che nessuno più guarda, colori accesi dentro ai vicoli scuri, sembrano un urlo quelle carte sui muri, sembrano un urlo quelle carte sui muri...

Giorno d'estate, giorno fatto di vuoto, giorno di luce che non si spegnerà; sembra d' andare in un paese remoto, chissà se in fondo c'è la felicità.

Un gatto pigro che si stira sul muro, sola cosa che vive, brilla al sole d'estate; si alza nell'aria come un suono d'incenso, l'odore di tiglio delle strade alberate, l'odore di tiglio delle strade alberate...

Giorno d'estate, giorno fatto di niente, grappoli d'ozio danzan piano con me, il sole è un sogno d'oro, ma evanescente, guardi un istante e non sai quasi se c'è.

Dentro ai canali l'erba grassa si specchia, cerchi d'ombra e di fumo sono voci lontane; nell'acqua il sole con un quieto barbaglio brucia uno stanco gracidare di rane, brucia uno stanco gracidare di rane...

Giorno d'estate senza un solo pensiero, giorno in cui credi di non essere vivo, gioco visivo che non credi sia vero che può svanire svelto come un sorriso.

Vola veloce ed iridato un uccello come un raggio di luce da un cristallo distorto: vola un moscone e scopre dietro a un cancello la religiosa sonnolenza d' un orto, la religiosa sonnolenza d' un orto...

Non è proprio il giorno del tuo compleanno, però è di domenica che le feste si fanno e di sera tuo padre vuol stare a guardar la T.V. Hai messo il vestito modello francese che è quasi costato la paga d'un mese... L'amica ti ha detto dov'è il parrucchiere che è caro, ma è tanto bravino, tua madre ti ha fatto la torta di riso, darai un po' di vermut e un poco di vino, su "Grazia" hai imparato a ricevere gli ospiti e ormai

aspetti che inizi la grande giornata, la sala migliore è di già illuminata, ti guardi allo specchio, sei un po' emozionata perchè lui verrà...

Arrivano i primi in ritardo di rito, l'amica migliore ti ha copiato il vestito e attorno a sé sparge il suo fascino e odor di "Chanel". Ti han fatto il regalo, son stati carini, il disco di moda ed i cioccolatini. La zia dalla porta ti manda i cugini: "perchè non volete i bambini"? Si mettono i dischi, si balla allacciati, c'è un po' di penombra, son tutti accoppiati, arriva la torta, si ride e si scherza ed ormai

il tempo è passato e la grande giornata è quasi finita e non è cominciata: hai visto che lui la tua amica ha baciato e da te non verrà...

Non piangere il giorno del tuo compleanno, gli amici ti guardano, cosa diranno, tra un po' se ne andranno e tuo padre starà alla T.V... Non hai più il vestito modello francese, le luci di sala non sono più accese, la festa è finita e son tante le spese e siam solo ai primi del mese. L'amica migliore ti ha già salutato, appena lei è uscita anche lui se n'è andato, ti ha appena guardato per correre fuori con lei.

Consolati e pensa che il tuo compleanno ritorna fra poco, soltanto fra un anno, gli amici gentili un regalo faranno, ed il tuo tempo va e non tornerà...

Quando il mio ultimo giorno verrà dopo il mio ultimo sguardo sul mondo, non voglio pietra su questo mio corpo, perchè pesante mi sembrerà. Cercate un albero giovane e forte, quello sarà il posto mio; voglio tornare anche dopo la morte sotto quel cielo che chiaman di Dio.

Ed in inverno nel lungo riposo, ancora vivo, alla pianta vicino, come dormendo, starò fiducioso nel mio risveglio in un qualche mattino. E a primavera, fra mille richiami, ancora vivi saremo di nuovo e innalzerò le mie dita di rami verso quel cielo così misterioso.

Ed in estate, se il vento raccoglie l'invito fatto da ogni gemma fiorita, sventoleremo bandiere di foglie e canteremo canzoni di vita. E così, assieme, vivremo in eterno qua sulla terra, l'albero e io sempre svettanti, in estate e in inverno contro quel cielo che dicon di Dio.

Visioni e frasi spezzettate si affacciano di nuovo alla mia mente, l'inverno e il freddo le han portate, o son cattivi sogni solamente.

Mattino verrà e ti porterà le silouhettes consuete di parvenze; poi ti sveglierai e ricercherai di desideri fragili esistenze...

Lo specchio vede un viso noto, ma hai sempre quella solita paura che un giorno ti rifletta il vuoto oppure che svanisca la figura.

E ancora non sai se vero tu sei o immagine da specchi raddoppiata; nei giorni che avrai però cercherai l'immagine dai sogni seminata...

L'inverno ha steso le sue mani e nelle strade sfugge ciò che sento. Son trine bianche e neri rami che cambiano contorno ogni momento.

E ancora non sai come potrai trovare lungo i muri un' esperienza; sapere vorrai, ma ti troverai due anni dopo al punto di partenza...

E senti ancora quelle voci di mezzi amori e mezze vite accanto; non sai però se sono vere o sono dentro all' anima soltanto;

nei sogni che hai, sai che canterai di fiori che galleggiano sull'acqua. Nei giorni che avrai ti ritroverai due anni dopo sempre quella faccia...

La la la la...

I TESTI - LATO B

La voce triste del silenzio abbraccia gli angoli del tempo, si è fatto giorno, ed è già sera e dove è andata primavera? I camions corrono lontani, mi tengon fermo le tue mani. Le fughe sono ormai finite sulle autostrade ormai ingiallite, risate a vuoto si sono spente sui visi noti della gente. Le frasi storiche son dette, le mani nobili son strette, la mia canzone è morta già, qualcuno forse ascolterà cercando assieme a me la verità...

Un suono triste di chitarra si sta spargendo lento in aria, vorrei capire i miei pensieri, in sogni all'alba veritieri. Nell'aria stanca della sera c'è un'illusione che par vera, si son perduti anche i rumori in forme vaghe di colori. Non sappiam più che cosa dire, ma non c'è niente da sentire, ogni discorso si è perduto nell'urlo dolce di un minuto e mentre l'ora se ne va, lontana sembra la città e forse cogli un po' di verità...

Parole a vuoto son passate nel cielo breve dell'estate, la saga falsa degli amori è già finita come i fiori. Ma i venditori di illusioni han già cantato le canzoni, le sale buie splenderanno e i nuovi amori nasceranno. Nelle auto in corsa lungo i viali risplendon simboli sociali, la corsa solita riparte, il tempo mescola le carte, la mano ancora passerà e c'è chi perde o vincerà, ma in quattro re non hai la verità...

Le spiagge morte, all'improvviso, si sono aperte in un sorriso, si è sparso piano nella brezza un dolce odore di tristezza. Il tamburino ha già suonato, ma il suo ricordo si è spezzato e un vento denso di paura ha già percorso la pianura. Il cavaliere morirà, il suo scudiero non saprà, parole vuote come occhiaie si seccano sulle pietraie e mentre il corvo volerà e l'acqua in pioggia ricadrà nel nulla sfuma ormai la verità nel nulla sfuma ormai la verità nel nulla sfuma ormai la verità nel nulla sfuma ormai la verità...

Quando è tardi e per le strade scivolano sguardi di gente che ha sol fretta di tornare e i cinema si chiudono ed i caffè si vuotano, per le strade, assieme al freddo e ai tristi canti opachi, sono rimasti gli ultimi ubriachi, un ciondolare stanco verso il nuovo bianco giorno che verrà...

Si discute delle rivoluzioni mai vissute e degli amori fatti di bevute e di carriere morte nel bicchiere nelle sere a gambe aperte con il mondo in mano cantando mentre sputano lontano come se fosse in faccia all'universo...

E li vedi, girare lenti strascicando i piedi, parlare forte a tutti od a nessuno o piangere aggrappati ai muri, stanchi e addormentati. L'ora vola e il vino amico o ammazza o li consola e il vino li fa vivere o morire e la tristezza solita o li uccide o se ne va...

E li vedi, girare lenti strascicando i piedi, persone strane, sogni a cui non credi, stagliarsi contro il cielo che si imbianca; nella stanca mattina che si riempie già di vita, piangendo un'altra notte che è finita, attendere, non sai dove, quando il buio tornerà, attendere, non sai dove, quando il buio tornerà, attendere, non sai dove, quando il buio tornerà...

Vedi cara, è difficile a spiegare, è difficile parlare dei fantasmi di una mente. Vedi cara, tutto quel che posso dire è che cambio un po' ogni giorno, è che sono differente. Vedi cara, certe volte sono in cielo come un aquilone al vento che poi a terra ricadrà. Vedi cara, è difficile a spiegare, è difficile capire se non hai capito già...

Vedi cara, certe crisi son soltanto segno di qualcosa dentro che sta urlando per uscire. Vedi cara certi giorni sono un anno, certe frasi sono un niente che non serve più sentire. Vedi cara le stagioni ed i sorrisi son denari che van spesi con dovuta proprietà. Vedi cara è difficile a spiegare, è difficile capire se non hai capito già...

Non capisci quando cerco in una sera un mistero d' atmosfera che è difficile afferrare, quando rido senza muovere il mio viso, quando piango senza un grido, quando invece vorrei urlare, quando sogno dietro a frasi di canzoni, dietro a libri e ad aquiloni, dietro a ciò che non sarà... Vedi cara è difficile a spiegare, è difficile capire se non hai capito già...

Non rimpiango tutto quello che mi hai dato che son io che l'ho creato e potrei rifarlo ora, anche se tutto il mio tempo con te non dimentico perchè questo tempo dura ancora. Non cercare in un viso la ragione, in un nome la passione che lontano ora mi fa. Vedi cara è difficile a spiegare, è difficile capire se non hai capito già...

Tu sei molto, anche se non sei abbastanza, e non vedi la distanza che è fra i miei pensieri e i tuoi, tu sei tutto, ma quel tutto è ancora poco, tu sei paga del tuo gioco ed hai già quello che vuoi. Io cerco ancora e così non spaventarti quando senti allontanarmi: fugge il sogno, io resto qua! Sii contenta della parte che tu hai, ti do quello che mi dai, chi ha la colpa non si sa. Cerca dentro per capir quello che sento, per sentir che ciò che cerco non è il nuovo o libertà... Vedi cara è difficile a spiegare, è difficile capire se non hai capito già...

Quando la sera colora di stanco dorato tramonto le torri di guardia, la piccola Ophelia vestita di bianco va incontro alla notte dolcissima e scalza, nelle sue mani ghirlande di fiori e nei suoi capelli riflessi di sogni, nei suoi pensieri mille colori di vita e di morte, di veglia e di sonno.

Ophelia, che cosa senti quando la voce dagli spalti ti annuncia che è l'ora già e il giorno piano muore. Ophelia che vedi dentro al verde dell'acqua del fossato, nei guizzi che la trota fa cambiando di colore?

Perchè hai indossato la veste più pura, perchè hai disciolto i tuoi biondi capelli? Corri allo sposo, hai forse paura che li trovasse non lunghi, non belli? Quali parole son sulle tue labbra, chi fu il poeta o quale poesia? Lo sa il falcone nei suoi larghi cerchi o lo sa sol la tua dolce pazzia?

Ophelia, la seta e le ombre nere ti avvolgono leggere, ma dormi ormai e sentirai cadenze di liuto... Ophelia non puoi sapere quante vicende ha visto il mondo, ma forse sai e lo dirai con magiche parole... Ophelia le tue parole al vento si perdono nel tempo, ma chi vorrà le troverà in tintinnii corrosi... Ophelia, lalalalalalala.....

Appoggiato sulle braccia, dietro al vetro d' un bicchiere, alza appena un po' la faccia e domanda ancora da bere. I rumori della strada filtran piano alle pareti, dorme il gatto sulla panca e lo sporco appanna i vetri.

Cade il vino nel bicchiere poi nessuno più si muove e non sai se fuori all'aria ci sia il sole oppur se piove. E quell'uomo si ricorda e, per uno scherzo atroce, quasi il vino gli dà forza, l'illusione gli dà voce.

E si alza sulle gambe, sbarra gli occhi e poi traballa, come con i riflettori sopra il gesto delle braccia.. La la la la la la ..

Ma si ferma all'improvviso e ricade giù a sedere, torna l'ombra sul suo viso, torna il vino nel bicchiere. E lontano, oltre, nel tempo, una folla misteriosa è scattata tutta in piedi, grida: "Bravo, bene, ancora!"

Son tornati i riflettori sul suo viso e sulle mani, si alza e accenna ad un inchino per quei pubblici lontani. E più forte tra quei muri quella voce ora si è alzata e fa tintinnare i vetri e rimbalza sulla strada...

A m sun desdé stamatéina l'è primavéra ma al piòv a m sun desdé stamatéina l'è primavéra ma al piòv, a n pos purtéret fòra anch sl'lè dmanga perchè a n gh'ò ménga al vsti nòv, a n gh'ò ménga al vsti nòv, oh sé...

A gh'era tò péder sù l'òss, a I m'à dmandè quand a té spòs, ma gh'era tò péder sù l'òss, a I m'à dmandè quand a té spòs mé, ch'a fagh fadiga a magnér per mé, péinsa mò béin s'a x'foss in dò, péinsa mò béin s'a x'foss in dò...

E quand l'é gnuda tò médra a gh'ò dmandé in dòv t'ér té, Ho dét, quand l'é gnuda tò médra a gh'ò dmandé in dòv t'ér té, oh sé, la m'ha rispòst ch'tér andéda via con un ch'al gh'à più sòld che mé, con un ch'al gh'à più sòld che mé, oh sé...

E mé a sun ché in mez a la stréda séinza savéir csa pòsia I fé l'é bròtt débòn sté a la dmanga a bsaca vòda e séinza té e intant a m piòv sòvra a la testa e a sòn tòt mòi còmm un pulséin, a sòn tòt mòi còmm un pulséin, oh sé...

A sòn da sòl d'lòngh a la stréda e a zigh dabòun còmm un putéin, A sòn da sòl d'lòngh a la stréda e a zigh dabòun còmm un putéin, l'é primavéra ind al lunari, ma a pér che invéren sia turné l'é primavéra ind al lunari, ma a pér che invéren sia turné, oh sé...

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